Il dolore fisico tutti lo conosciamo e purtroppo lo abbiamo provato in varie parti del nostro corpo.
Esso è una manifestazione sensoriale conseguente a un danno a carico dei nostri tessuti. Lo possiamo paragonare ad un campanello di allarme per la nostra vita, tanto da farci distogliere da quello che stiamo facendo, perfino interrompendo l’attività per concentrare la nostra attenzione su quella parte dolorante. E’ recepito con sensibilità variabile e soggettiva a secondo della gravità o della parte colpita.
Da quando si entra nel mondo, si hanno i primi sintomi di dolore; il neonato sente la fame e piange, a volte la digestione gli provoca dolore e così via, crescendo prova dolori di vario genere. Chi di noi non ha mai avuto un dolore fisico? Tutti lo conosciamo, il nostro corpo è maggiormente composto di carne e ossa e col tempo le sue funzioni si alterano, più anni passano, più i nostri organi sono soggetti a stress, a sopportare fatiche, ad invecchiare e possono anche ammalarsi, se trascurati.
Oltre al dolore fisico esiste anche quello dell’anima, che è molto più forte e continuo di quello corporeo, come conseguenza ad un grosso dispiacere o provocato da un evento disastroso o per timore del verificarsi di una situazione spiacevole, espresso con sentimenti di paura, stati di ansia.
La Bibbia espone molti episodi di angoscia profonda e di amarezza d’animo. Un esempio lo troviamo dalla storia di Anna: lei era moglie sterile di Elkanah, un uomo di Efraim, marito anche di Peninnah, dalla quale aveva avuto invece figli. Egli l’amava moltissimo e la consolava, tanto che “Tutte le volte che Anna saliva alla casa dell’Eterno, Peninna la molestava; per cui ella piangeva e non prendeva cibo… Suo marito le disse: “Anna perché piangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono io per te meglio di dieci figli?” (1Sam.1:7,8). Anna non aveva dolore fisico, ma soffriva “Nell’amarezza della sua anima pregava l’Eterno piangendo dirottamente” (1Sam.1:10). Anna era afflitta, espandeva la sua anima davanti all’Eterno, pregando il Signore nel suo cuore, muovendo solo le labbra, senza voce, tanto che il sacerdote Eli pensava che fosse ubriaca, ma Anna gli rispose: “Non considerare la tua serva una donna perversa, perché è l’eccesso del mio dolore e della mia afflizione che mi ha fatto parlare finora” (v.16). Dio esaudì il voto di Anna ed ebbe il primo figlio, che lo chiamò Samuele e, quando l’ebbe divezzato, lo lasciò con il sacerdote Eli nella casa dell’Eterno, perché così aveva promesso al Signore.
L’amarezza e l’angoscia dell’anima è un’afflizione particolare, che non tutti hanno provato. Il dolore associato è molto intenso e struggente. E’ soffrire per una negligenza o colpa spirituale propria o di altri, come quando qualcuno che conosciamo si allontana da Dio o quando noi ci umiliamo davanti a Dio, pentiti del male che abbiamo commesso, disubbidendo.
Io l’ho provato quando mia figlia decise di non servire più il Signore, perché era in difficoltà. A questo dispiacere si aggiunse il fidanzamento con un ragazzo non convertito, che si dichiarava ateo. Per questi motivi fui presa da una grande angoscia d’anima, soffrivo come mai avevo provato. Il dolore era insopportabile, la sensazione era come se l’avessi persa definitivamente, per sempre. Pensavo alla sua vita senza Dio e all’eternità nello stagno che arde con fuoco e zolfo. Non riuscivo ad aver pace, tanto era intenso il dolore, che dopo alcuni mesi di grande angoscia, mi prostrai davanti a Dio e, in preghiera, chiesi di togliermi quel peso, divenuto insopportabile. Misi così mia figlia nelle Sue mani, affidandola: -Signore, tu conosci tutto il suo futuro, guarda il suo cuore e riconducila a te-. Tutta l’angoscia svanì e fui colmata di una pace e gioia indefinibile, così ancora oggi ho la forza di affermare che “Nell’angoscia invocai l’Eterno, e l’Eterno mi rispose e mi trasse al largo” (Sal.118:5)
Molte altre volte ho sperimentato la gioia dell’Eterno, perché noi siamo sostenuti da uno Spirito di forza e di coraggio, che ci aiuta ad avere la vittoria sopra ogni situazione difficile. La paura e l’ansia non devono far parte della nostra vita, ma ringraziamo sempre Dio per tutto quello che ci dà. Egli è il nostro aiuto. “Or sia ringraziato Dio per il suo dono ineffabile” (2Cor.9:15; 1Ptr.1:8). Quando affidiamo la nostra vita e quella dei nostri cari a Dio, noi sicuramente possiamo ristorarci alla Sua presenza, ma se, al contrario, ci rivolgessimo agli uomini per cercare una soluzione o ricevere sicurezza, saremmo delusi, falliremo sempre, aumentando le nostre ansie. Il profeta dichiara che ”…i miei servi canteranno per la gioia del loro cuore, ma voi griderete per l’angoscia del cuore e urlerete per l’afflizione di spirito” (Is.65:14).
Conviene mettere ed affidare la nostra vita a Cristo, vivendo e operando per la fede, che ci è stata donata, stabilendo un rapporto d’amore con Dio, perché Lui è nostro Padre e, per mezzo di Cristo Gesù, noi siamo Suoi figli (Gal.3:26). Il salmista afferma che “…il mio cuore si rallegra, e la mia anima esulta per la gloria della mia eredità; anche la mia carne dimorerà fiduciosa e al sicuro” (Slm.16:9). Con l’anima ci rallegriamo quando sentiamo la forza e la presenza dello Spirito Santo, che vive in noi; gioiamo ed esultiamo nel suo immenso amore e anche la nostra carne ne trae beneficio, quando Gesù regna in noi.
“…Non rattristatevi, perché la gioia dell’Eterno è la vostra forza” (Neem.8:10). Gioire nel Signore è qualcosa che tutti i veri credenti hanno provato, è una gioia così forte che molte volte conduce al pianto. La presenza di Dio nella nostra vita è molto potente in noi, che siamo come vasi di argilla, siamo deboli, mentre Dio è potenza. Per questo il re Davide danzava per la presenza del Signore (2Sam.6:14), Israele per la gioia mandava grida di giubilo (2Sam.6:15), “…Tutto il popolo mandava alte grida di gioia, lodando l’Eterno” (Esd.3:11). Quindi ”Rallegratevi nell’Eterno ed esultate, o giusti; mandate grida di gioia, voi tutti, retti di cuore” (Slm.32:11), “…celebrate DIO con grida di trionfo” (Slm.47:1) ed anche Paolo esorta a “Rallegratevi del continuo nel Signore; lo ripeto ancora: rallegratevi” (Fil.4:4).
La gioia e l’esultanza nella nostra anima avvengono quando noi sentiamo la potenza dello Spirito Santo operare nella nostra vita o nei nostri fratelli, quando ascoltiamo le loro testimonianze di ciò che Dio ha fatto. L’angoscia e l’amarezza dell’anima si presentano quando siamo afflitti per vari motivi, per problemi irrisolvibili o per prove che Dio permette che ci accadono per testare la nostra fede e amore o anche quando impotenti vediamo intorno a noi le tenebre, che avvolgono i nostri parenti e amici, che rifiutano di credere e convertirsi.
Soffriamo nell’anima anche quando persone a noi care si allontanano da Dio per seguire il mondo, come l’apostolo Paolo soffriva nell’anima per il grande amore che aveva per le persone che evangelizzava: “Vi ho scritto infatti con molte lacrime e con grande afflizione e angoscia di cuore, non perché foste rattristati, ma perché conosciate il grandissimo amore che ho per voi” (2Cor.2:4).
Il re Davide sbagliò a fare un censimento del popolo, che Dio non aveva comandato. Davide si pentì, ma dovette scegliere tra tre piaghe, come punizione per il suo peccato: “Vuoi che vengono sette anni di carestia per te nel tuo paese o tre mesi di fuga davanti ai tuoi nemici che t’inseguono, o tre giorni di peste nel tuo paese? Davide disse a Gad: -Mi trovo in grande angoscia! Cadiamo pure nelle mani dell’Eterno, perché le sue compassioni sono grandi, ma che io non cada nelle mani degli uomini!-“ (2Sam.24:13,14).
Non si può beffare Dio (Gal.6:7), perché Lui conosce bene i nostri pensieri, esamina la nostra vita e i nostri propositi. Se volessimo godere delle sue meraviglie, dovremmo seguire l’esempio del Signore, con purezza di animo e di spirito, per essere condotti per mano fino alla fine.
Desideriamo che la nostra casa sia il regno di Dio? Bisogna quindi camminare come Gesù camminò (1Gv.2:6), essere fedeli, come Lui è fedele, vivere in santità, come Lui è santo (1Ptr.1:15,16) e “Se voi sapete che egli è giusto, sappiate che chiunque pratica la giustizia è nato da lui” (1Gv.2:29). Noi dunque che siamo nati da Dio, siamo stati “…eletti secondo la preordinazione di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per ubbidire e per essere aspersi col sangue di Gesù Cristo: grazia e pace vi siano moltiplicate” (1Ptr.1:2).
Sia che soffriamo, sia che gioiamo, dobbiamo sempre stare ben saldi e uniti a Cristo, perché divenuti figli di Dio, noi vivremo in eterno con Lui, ubbidendo alla sua volontà. Mettiamo in pratica ogni punto della Parola di Dio, senza preoccuparci di critiche, di ostacoli, di disapprovazioni, ma vivere pienamente nella fede in Cristo, che ci libera da ogni opposizione nemica, dandoci la vittoria e “Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica” (Rom.8:33), mentre “Tribolazione e angoscia spetta ad ogni anima d’uomo che fa il male, del Giudeo prima e poi del Greco” (Rom.2:9).
Riflessione: Se rifiutassimo la Grazia, la nostra sofferenza sarà così forte da essere insopportabile per tutta l’eternità, quando la nostra anima sarà gettata per sempre nello stagno che arde con fuoco e zolfo. Ravvediamoci perciò tutti da ogni cosa malvagia, credendo in Cristo Gesù e, facendo la volontà di Dio, noi saremo benedetti e gioiremo alla Sua presenza, in eterno.